venerdì 26 ottobre 2012

C'è una Calabria che lotta ancora

 È reale la Calabria raccontata da Cesare Fiumi nello scorso numero. C’è il passato e il presente: dai pitagorici agli aguzzini dell’ex assessore lombardo Zambetti, che ne comprava i voti. Il futuro dipende dalla capacità dei calabresi e degli altri italiani di capire il fenomeno, il problema 'ndrangheta

Come Fiumi ha mostrato, l’onorata società devasta, brucia, avvelena, corrompe, ma non cancella la speranza e la memoria di chi è rimasto onestamente in Calabria; nonostante l’isolamento, lo sconforto, la voglia di andarsene come in L’orda di Gian Antonio Stella. 

Proprio l’emigrazione è il nodo cruciale della "Questione calabrese", spesso ridotta a cronaca dell’efferatezza criminale, a statistica dell’inefficienza, a estetica dei personaggi – «la crapa di Al Capone» del «ragazzo di Calabria» Vincenzo Salvatore Maruccio, sovente in gessato, ex consigliere regionale del Lazio indagato per distrazione di fondi del gruppo Idv. 

Il punto vero è che le logiche del potere in Calabria non lasciano alternativa: o si resta e subisce o si fugge, cercando normalità altrove. Salvo che non si ceda al colonialismo delle cosche. La Calabria si spopola drammaticamente, ma l’Istat non può registrarlo. Un terzo degli universitari calabresi studia fuori regione; migliaia di residenti si curano o lavorano al Nord.

La ‘ndrangheta gestisce la cosa pubblica insieme alla politica e a logge coperte. Lo provano le inchieste Europaradiso, Black Mountains ed Energopoli, del pm Pierpaolo Bruni, e molte altre. Impresa e lavoro sono in mano a sodalizi criminali, che “vincono” gli appalti, assumono professionisti e manodopera e dispensano favori ed assistenza. La ‘ndrangheta appoggia i candidati e questi ricambiano a palazzo. Il silenzio da paura, in tanti casi mero opportunismo, completa la distruzione del tessuto sociale, delle risorse, della bellezza e della storia calabrese. Il rischio peggiore non è l’assassinio, l’incendio dell’auto o dell’azienda, ma la solitudine di chi resiste, di chi non accetta i rapporti di forza dominanti. 

C’è una Calabria in lotta quotidiana: contro le disfunzioni sanitarie, la parzialità dell’amministrazione, la lentezza dei trasporti, gli abusi degli organi pubblici e l’abbandono dello Stato. È una Calabria che non spara, che non delinque e forse sogna ancora, chiusa nell’amarezza e nella rabbia. Fiumi ne ha riportato la voce: imprenditori, preti di frontiera, sindaci, magistrati, intellettuali, educatori. Anche loro, come tanti killer e faccendieri, sono «calabresi». 

Emiliano Morrone, lettera su "Sette"(Corriere della Sera) del 26.10.2012, pag. 161


«Qui in Calabria», dice Minervino, fissando dalla balconata di Rende la piana di Cosenza che di notte si illumina a giorno, «non esistono più i partiti, solo comitati elettorali quando si deve votare». Spesso, comitati d'affari a venire. «Anche questa città, la più universitaria e intellettuale della Calabria, ormai è diventata una distesa di cemento». Gli fa eco Emiliano Morrone, autore con Francesco Saverio Alessio, de La società sparente, un libro sul binomio politica-'ndrangheta alle radici della nuova disperata emigrazione: «'Ndrangheta e massoneria sono i due grandi poteri oggi in Calabria, non necessariamente in quest'ordine: la politica va a rimorchio e serve a gestire gli affari».
Minervino è di Paola, il paese di un San Francesco duro e puro, e Morrone di San Giovanni in Fiore, terra di Gioacchino, che Dante volle in Paradiso. «Un santo e un mistico montanari e ecologisti, sensibili all'armonia e al bello», ricorda Minervino. Ed è come se la Calabria fosse la loro nemesi: «Qui dove nessuno, oggi, prevede direcuperare l'esistente, di sostituire il brutto riqualificando ilpaesaggio, di rivedere una logica di sviluppo che restituisca dignitàalla terra». Un'ignavia che addolora e stupisce i calabresi che dalla Calabria se ne sono andati, ma che sembra non toccare la maggioranza di quelli che ci vivono. “Mi fu sempre difficile spiegare che cos'è la mia regione”, scriveva Corrado Alvaro, novant'anni fa.

Tratto da: Indagine su una regione al di sotto di ogni sospetto; di CesareFiumi, Corriere della Sera, Sette n° 42 del 19 ottobre 2012

lunedì 24 settembre 2012

PREMIO NAZIONALE DI FILOSOFIA VI EDIZIONE, Certaldo 2012

CERTALDO: PREMIO NAZIONALE DI FILOSOFIA VI EDIZIONE 2012





"Allo scrittore antimafia Francesco Saverio Alessio, esperto di web, che ha utilizzato Internet come strumento di promozione di temi e utopie della filosofia, in primo luogo legati all'opera del teologo della storia Gioacchino da Fiore. Allo scrittore Alessio che, con i suoi libri, inscindibilmente legati all'attività di pensatore e alla sua vita d'impegno morale e culturale, ha testimoniato con forza il valore della filosofia come pratica quotidiana di ricerca della verità."

Uno dei momenti più suggestivi della cerimonia, è stato la presentazione delle attività svolte contro l’ndrangheta da Francesco Saverio Alessio e Federico La Sala. Il primo soprattutto che, attraverso i suoi testi, fa una lotta filosofia e culturale contro la criminalità calabrese. Quest’ultima lo ha costretto ad abbandonare la sua terra natia San Giovanni in Fiore (Cosenza), a causa delle continue minacce ricevute. 

sabato 28 aprile 2012

TRA DEMONI E SANGUE, LA SPERANZA IN AGGUATO ?

"DEMONI E SANGUE", INCHIESTA E RACCONTO SULLA PERVASIVA POTENZA DELLA ’NDRANGHETA
di Domenico Barberio


Parto, nella recensione di “Demoni e sangue”(Coppola editore, Trapani, 2011), dagli aspetti che meno mi convincono. E’ molto lungo, è appesantito da parti di cui si potrebbe fare a meno. 486 pagine, indice compreso, sono tante,forse troppe, anche per un libro che,tra le altre cose, è un’inchiesta accurata e approfondita. Appunto l’inchiesta, che in “Demoni e sangue” è frammista alle vicende autobiografiche in cui Saverio Alessio racconta se stesso,i suoi dilemmi, le sue difficoltà, la sua terra e il conflittuale rapporto che si è instaurato con essa. Ecco, forse un altro ingrediente che poteva essere meglio dosato dall’autore è la sua forte carica polemica. Il coinvolgimento emotivo fa perdere a Saverio in alcuni passaggi, secondo il mio modesto avviso, quella giusta distanza che ci deve essere con la pagina che sta scrivendo. Questa intima adesione, questo proiettarsi nella vicende che vengono man mano presentate, porta ad annebbiare la lucidità necessaria e lo spinge fino all’invettiva troppo carica di rancore. Un buon editor magari avrebbe permesso di superare questi limiti, eliminando pagine e smussando il superfluo, ma la scelta, il caso, gli eventi hanno fatto incontrare questa piccola e coraggiosa casa editrice, Coppola di Trapani, con un autore che ha fatto tutto da sé, senza concedere sconti, manifestando appieno la sua impetuosa carica polemica. Sono venuti fuori allora tutti gli spigoli caratteriali di quest’uomo del sottosuolo come qualcuno l’ha definito: un personaggio dostojevskiano, uno scrittore marginale (nel senso che sta ai margini, lontano dal potere). Dunque un libro con meno pagine,meno carico di nomi e numeri, più agile e snello, meno arrabbiato, avrebbe migliorato la resa definitiva.
 Demoni_e_sangue

Ma “Demoni e sangue” è anche altro naturalmente, ha molti meriti. Riporta fatti e persone di una regione, la Calabria, messa sotto scacco dalla violenza del potere ’ndranghetista e dalla rapacità del potere politico. E non si ferma solo a questo, l’inchiesta-racconto si allarga e cerca di racchiudere quello che di peggio sa offrire la società calabrese. Ma non solo la Calabria, perché come ci viene ricordato da Saverio Alessio ” il sentimento più forte, il desiderio di libertà, prevale ed impone di indicare a chi non si accorge della mostruosità della ’ndrangheta che lo avvolge silenziosamente nelle sue spire, come questa si infiltri subdolamente nelle società ancora sane e di urlare l’orrore a chi farebbe ancora in tempo a liberarsene, prima che ne diventi schiava come la Calabria”. Un aspetto su cui si insiste in “Demoni e sangue”, attraverso il lavoro di indagine armonizzato con la trama del racconto che lo tiene in piedi, è l’evidenziare non solo la capacità pervasiva delle ’ndrine nella vita economico e politica, ma anche e soprattutto il suo divenire discorso comune e condiviso, retorica pubblica. Ciò che preme è mettere in guardia dal potere di fascinazione della ’ndrangheta. Si tratta di quella malìa di cui scrive uno dei maggiori studiosi della criminalità organizzata italiana, lo storico Enzo Ciconte che sottolinea come esista ”un’attrazione che persiste e che a tratti ha la parvenza dell’immutabilità. E così la fascinazione-o al contrario, lo scoramento per chi alle mafie si oppone- sembra non avere mai fine”. Dunque un potere criminale che è anche dominio culturale, attento a fiaccare senso civico e difesa dei valori democratici che sono imprescindibili per una società sana, aperta, solidale depurata dalla presenza mafiosa. Nei passaggi dove l’amara riflessione sulla sua condizione personale di “esule” dalla Calabria si fa più forte sembra che il disincanto e la mancanza di prospettive abbiano il sopravvento sulle speranze di Saverio “...scrivo della Calabria in modo introspettivo, a tratti superbo, e teso a descrivere quello che vive l’osservatore da un punto di vista ristretto. Forti sentimenti ed una voglia di riscatto personale indipendentemente dal riscatto della mia terra e della sua gente. L’esclusivo tentativo di conquista di uno spazio espressivo individuale”. C’è un’incapacità a subire passivamente le brutture che la società calabrese è capace di esprimere e che nutre le pagine irriverenti di “Demoni e Sangue”. Ma fra queste pagine credo che si possa scovare con attenzione anche un’idea di fondo legata alla speranza, speranza per i destini individuali e collettivi. Nonostante la durezza di fondo Saverio riesce a delinearci, tra demoni e sangue, anche la straordinaria semplicità, carica di bellezza, di posti che gli appartengono, che ci appartengono “La temperatura è migliorata decisamente. Fa anche caldo, con una piacevole brezza primaverile. Profumata di ginestra, di pece, di improbabili novità. Giorni fa con il mio caro amico Carmine, il doc. diminutivo di Doctor, ho visto, odorato, fotografato, un’intera collina di ginestre in fiore. Un mare di giallo fra il verde scuro dei boschi di pino. Una meraviglia!Forse è per queste esplosioni improvvise di fioriture che questo luogo si chiama Fiore”.
domenico barberio

lunedì 6 febbraio 2012

"Demoni e sangue" la bibbia dell'antimafia

di Emiliano Morrone

Oggi si scrive tanto di mafie: post, articoli, saggi, romanzi. Carne, sangue e orrore sono spesso la base dei racconti, giornalistici o letterari. Si tratta, è banale, di elementi che impressionano e fanno vendere.

Demoni_e_sangueLa criminalità organizzata subisce, dunque, la semplificazione dello spettacolo. Il fenomeno è riassunto con effetti speciali. Così, vari autori, anche inconsapevolmente, celebrano la potenza dei Riina e famiglie. Ma la realtà è diversa, più sottile, complessa, ingannevole. La società non può essere divisa in buoni e cattivi: i primi pacifisti, gli altri armati fino al collo.

La 'ndrangheta, per esempio, non è l'auto del boss Carmine Arena sventrata dal bazooka. Né la ferocia degli autori della strage di Duisburg, in Germania.

Francesco Saverio Alessio offre invece una lettura profonda del male italiano, esportato ovunque. In Australia come in Colombia. Nel suo "Demoni e sangue", Coppola Editore, c'è il diario di una vita in trincea. Fra difficoltà, sconfitte, scelte coerenti. La vittoria della parola.

Francesco_Saverio_AlessioAlessio ricorda il suo passato in Calabria. Lirico, descrive la bellezza dei luoghi violentati, la distruzione della memoria, la chiusura degli orizzonti culturali, spirituali, progettuali. Questa è la strategia militare delle mafie, ormai globalizzate. Il controllo del territorio avviene con la progressiva devastazione della natura, della storia, dell'anima collettiva. Per capire, occorre vedere. E Alessio ha visto, patito, registrato le singole azioni, le scene, i volti e le scelte dei signori della morte, dei loro servi, dei complici politici.

Lo scrittore riporta nomi e trame. Preciso, attraversa la cronaca nazionale recente e remota. La ripercorre approfondendola, legando occulti potenti a uomini di palazzo ed agenzie del crimine.

"Demoni e sangue" è il volume più coraggioso e vero in tema di mafie. Forse è per questo che Alessio non vende.

Oggi non interessano i fatti, i retroscena e la scrittura onesta, fatta di rigore ed esperienza. Serve il demone del sangue.

da L'Infiltrato


La 'ndrangheta nel racconto di Francesco Saverio Alessio